Ginnastica ipopressiva per la REPA: il nostro protocollo

Diastasi dei retti e ginnastica ipopressiva

Quando cominciai ad interessarmi alla REPA, la chirurgia mininvasiva della diastasi dei retti, il mio amico Derlin Juárez Muas, l’inventore della tecnica, si preoccupò di stressare molto il concetto di fisioterapia postoperatoria.
Per me era qualcosa di assolutamente nuovo: pur interessandomi da molti anni di chirurgia della parete addominale, non avevo mai pensato (nè avevo mai incontrato qualcuno che ci avesse pensato) che i muscoli addominali possano necessitare di una riabilitazione postoperatoria.
In realtà, riflettendoci, è un principio che oggi mi appare così semplice e scontato da sembrarmi quasi banale. Lo spiego con un’analogia: quando ci fratturiamo un arto, gli ortopedici ce lo ingessano per mantenerlo immobile per un congruo periodo di tempo, in maniera che l’osso rotto abbia il tempo di ripararsi. Normalmente, nei casi più fortunati, il tempo di immobilizzazione è di un mese. Quando il gesso, al termine del processo di riparazione, viene rimosso, è esperienza comune accorgersi che la massa muscolare immobilizzata con l’apparecchio gessato si è molto ridotta e si contrae con difficoltà. Per questo motivo, l’ortopedico ci invia dal fisioterapista, che comincia a sottoporci ad esercizi a volte difficili e dolorosi, ma indispensabili per il recupero funzionale del nostro arto fratturato.
Lo stesso avviene quando effettuiamo un intervento sulla parete addominale. L’addome è il segmento

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La “scatola addominale”: non solo una scatola…

del nostro organismo con il più alto rapporto muscolo:osso, ossia è costituito quasi esclusivamente da strutture muscolari: si tratta di muscoli superspecializzati, la cui attività è finalizzata ad assicurare tutte le complesse funzioni dell’addome. L’addome non è semplicemente una scatola statica destinata esclusivamente a contenere strutture “nobili” come il fegato o gli organi della digestione: ma ha un ruolo determinante in molti processi dinamici fondamentali, tra cui la respirazione, il corretto sostegno viscerale, il mantenimento della stazione eretta, la defecazione, la minzione, la continenza fecale e urinaria, la gravidanza.
Operando sulla parete addominale, noi chirurghi le provochiamo di necessità delle lesioni gravissime: tagliamo i suoi muscoli e le sue fasce, recidiamo i suoi nervi ed i suoi vasi sanguigni, inseriamo dei  materiali estranei; e la immobilizziamo per lunghi periodi di tempo, non meno di un mese. Tutto ciò è indispensabile per guarire i suoi difetti, ma ne compromette profondamente la funzione. Allora, perchè i muscoli addominali, nel postoperatorio di una chirurgia di parete non dovrebbero aver bisogno di un adeguato trattamento fisioterapico?
Semplice, no? Ma siccome la Medicina viene spesso (inevitabilmente direi, visto la pressione lavorativa che soprattutto in Italia noi Specialisti ospedalieri subiamo, e lo scarso tempo che abbiamo per studiare, aggiornarci od anche solo semplicemente confrontarci tra di noi) vissuta come se fosse una disciplina “a compartimenti stagni”, fino ad oggi nessuno ci aveva pensato.
Nessuno tranne Derlin.

Che cos’è la ginnastica ipopressiva?

Ed è stato sempre Derlin ad indicarmi l’uso della ginnastica ipopressiva. Perchè? Perchè si tratta di una serie di esercizi che sono in grado di riabilitare la muscolatura della parete addominale SENZA provocare un aumento della pressione all’interno dell’addome. Questo è di importanza fondamentale, perchè se sottoponessimo ad uno sforzo pressorio, prima che passi un certo, e non breve, periodo di tempo dall’intervento, le strutture su cui abbiamo operato, correremmo il serio rischio di “rompere” le riparazioni fatte.
E non solo. C’è un altro aspetto fondamentale della ginnastica ipopressiva che è di enorme aiuto nel caso della diastasi dei retti e del suo trattamento chirurgico. Come tutte le donne con diastasi sanno, la diastasi compare in seguito agli importanti aumenti di pressione addominale legati alla gravidanza. La parete addominale, gradualmente ma inesorabilmente, viene sottoposta ad uno stress pressorio tale che i normali rapporti muscolari si modificano irrimediabilmente. Ai fini funzionali, questo si traduce in una disfunzione propiocettiva: il sistema nervoso centrale non riesce più a controllare in maniera efficiente i muscoli della parete addominale, che si indeboliscono e si contraggono secondo vettori “sbagliati”. Le conseguenze fisiopatologiche sono abbastanza complesse, ma basti sapere che, alla fine, ciò si riflette sulla capacità di mantenere in maniera corretta la stazione eretta (da cui la lombalgia che affligge una grande maggioranza delle pazienti con diastasi), sul pavimento pelvico (incontinenza urinaria), sui meccanismi digestivi (stipsi, meteorismo, pesantezza).
La ginnastica ipopressiva è un insieme ordinato di esercizi posturali, ripetitivi e sequenziali, che consente al cervello di memorizzare una serie di messaggi propiocettivi associati ad una particolare postura. Ciò si ottiene dopo un periodo di “apprendimento” di, almeno, una decina si sedute di fisioterapia di un’ora ciascuna. La base anatomica di questo risultato è la creazione, grazie a un “bombardamento” di informazioni propiocettive, cinestesiche e sensitive, di reti neuronali talamiche che regolano l’attivazione dei muscoli del pavimento pelvico e della parete anterolaterale dell’addome.
Sembra una cosa complicata, ed in effetti lo è: in parole povere, possiamo dire che il cervello delle pazienti che si sottopongono a fisioterapia basata sulla ginnastica ipopressiva ricomincia a ricordare come fare per controllare in maniera corretta i muscoli della parete addominale. Si inverte quindi quel circolo vizioso che aveva condotto a quelle alterazioni posturali, del pavimento pelvico, dei meccanismi digestivi eccetera di cui parlavo poc’anzi. Le pazienti ritornano ad essere padrone del proprio corpo.
Per questo, io dico sempre che il trattamento della diastasi dei retti avviene, nel nostro team, attraverso un percorso multidisciplinare in cui la correzione chirurgica della diastasi vale “solo” il 50% del risultato. E questo concetto, tanto semplice quanto rivoluzionario, posso orgogliosamente dire di essere stato io ad introdurlo in Europa.

Quando cominciai ad operare le pazienti con diastasi dei retti nel nostro Paese, mi posi il problema di strutturare un adeguato protocollo fisioterapico. Io conoscevo una bravissima fisioterapista, la dottoressa Federica Crivellaro: mi sembrò quindi logico rivolgermi a lei per capire come questo potesse essere fatto. Federica, all’epoca, conosceva già la ginnastica ipopressiva: per capire come si applicasse alla chirurgia della diastasi dei retti si mise in contatto con le fisioterapiste (in Argentina!) del Dr. Juárez Muas, e questo fu il primo passo. Oggi Federica, che ha un master in ginnastica ipopressiva, ha messo a punto un protocollo, sia pre- che postoperatorio (e la fisioterapia preoperatoria siamo stati i primi al mondo a proporla!) rigoroso ed estremamente efficace, e segue, da vicino o da lontano, virtualmente tutte le mie pazienti: ossia tutte le donne, ad oggi, sottoposte a REPA in Italia.

Il nostro protocollo

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Dal sito del Dr. Caufriez, il “padre” della ginnastica ipopressiva

Ed è proprio per le pazienti che non vivono nei pressi di Torino che abbiamo pensato di pubblicare questo protocollo, ed un video della stessa dottoressa Crivellaro che esegue gli esercizi ipopressivi.
Speriamo, anzi, siamo convinti, che ciò sia un ulteriore valore aggiunto nella qualità dei servizi offerti dalla nostra squadra alle nostre pazienti: qualità e servizi che oggi ci pongono al primo posto, in Europa, nel trattamento minimamente invasivo della diastasi dei retti.

(N.B.: i documenti si trovano in una sezione riservata del sito, per accedere alla quale bisogna richiedere, ovviamente del tutto gratis, delle credenziali. Fatelo senza problemi, nego l’accesso solo ai tentativi di “spionaggio industriale” od ai profili fake…)

Il protocollo fisioterapico pre- e postoperatorio per le pazienti con diastasi dei retti

Il video degli esercizi ipopressivi

[schema type=”person” name=”Dr. Salvatore Cuccomarino” orgname=”Cuccomarino, MD” url=”https://www.facebook.com/CuccomarinoMD/” description=”I primi in Europa ad avere eseguito la REPA, la chirurgia mininvasiva per la diastasi dei retti dell’addome” city=”Torino” country=”IT” email=”info@cuccomarinomd.com” phone=”+39 011 0438161″ ]

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Diastasi dei retti robot e REPA – Tecniche a confronto

Per il trattamento mininvasivo della diastasi dei retti robot e REPA sono le due tecniche oggi più efficaci di cui disponiamo.

Dichiaro subito il mio conflitto d’interessi: io sono l’uomo della REPA, tecnica che ho introdotto in Italia e che amo tantissimo.

Tuttavia, la chirurgia robotica mi affascina da sempre, e so quanto sia efficace, in generale, nel trattamento della patologia di parete addominale.

Ma per quanto riguarda la diastasi dei retti robot e REPA sono equivalenti? o una tecnica è migliore dell’altra? e perché?

Si tratta, in entrambi i casi, di tecniche a minima invasività che prevedono, come cardini della procedura, il riallineamento sulla linea media dell’addome (la “linea alba”)  dei muscoli retti, la loro sutura ed il posizionamento di una rete. Tuttavia, nelle due tecniche questi passi non vengono eseguiti nella stessa maniera. Cerchiamo di capire quali siano le differenze, per trarre poi le opportune conclusioni.

Diastasi dei retti robot e REPA: confrontiamo le tecniche

  1. Via d’accesso. Tanto la tecnica robotica che la REPA prevedono di raggiungere i muscoli retti attraverso tre piccole incisioni sull’addome. Con il robot, le incisioni vengono eseguite sul fianco sinistro, mentre nella REPA appena sopra il pube: quindi, con la REPA le incisioni sono praticamente invisibili mentre lo stesso non può essere detto per il robot. Inoltre, nella REPA, una o due delle incisioni sono di 5 mm circa, mentre con il robot l’incisione più piccola non può essere di meno di 8 mm.
  2. Pressione di lavoro. Tanto con il robot che nella REPA, per creare lo spazio di lavoro bisogna insufflare un gas, l’anidride carbonica, ad una pressione adeguata a distendere la parete addominale. Con il robot, come avviene anche in laparoscopia, la pressione con cui si insuffla l’anidride carbonica all’interno della cavità addominale è di circa 12 mm Hg, mentre nella REPA il gas NON viene insufflato nella cavità addominale, e la pressione di lavoro è inferiore di 1/3, circa 8 mm Hg, con momenti piuttosto lunghi dell’intervento in cui viene ulteriormente diminuita a 3-4 mm Hg. Un’altra importante conseguenza è che, come detto, nella chirurgia robotica il gas viene insufflato all’interno della cavità peritoneale: il peritoneo assorbe avidamente l’anidride carbonica, e ciò provoca un aumento della sua concentrazione nel sangue (ipercapnia). Nella REPA l’insufflazione è extraperitoneale: la concentrazione di anidride carbonica nel sangue non si modifica. L’anidride carbonica, infine, e’ un gas irritante per il peritoneo, e contribuisce al dolore (anche in sedi “strane”, come la spalla destra) che si prova nel postoperatorio. Questo problema, con la REPA, e’ inesistente.
  3. Spazio di lavoro. Come già accennato, la tecnica robotica per la riparazione della diastasi dei retti (e delle ernie che ad essa si associano) prevede l’inserimento degli strumenti chirurgici dentro la cavità peritoneale, dove sono contenuti molti organi “nobili” (fegato, milza, pancreas, stomaco, intestino…): ciò ha come conseguenza il rischio, minimo ma concreto, di lesione di questi organi durante la chirurgia. Lo spazio di lavoro della REPA è invece soprafasciale: completamente al di fuori della cavità peritoneale, senza nessun rischio di lesione degli organi peritoneali.
  4. Anatomia dei muscoli retti. In pratica, da quanto abbiamo detto fin’ora, la diastasi dei retti robot e REPA, diastasi addominale, diastasi dei retti chirurgia robotica ripara la diastasi dei retti guardandoli “da dietro”, dall’interno della cavità addominale; mentre nella REPA i muscoli si guardano “davanti”, inquadrando la loro superficie anteriore, al di fuori della cavità addominale. Sembra una piccola differenza, ma in realtà è sostanziale. Questo perché i muscoli retti sono rinchiusi all’interno di una guaina (la “guaina dei retti”, appunto) costituita da due foglietti, uno anteriore ed uno posteriore. Tra i due foglietti esiste un’importante differenza: quello anteriore è infatti completo, estendendosi dal torace al pube; quello posteriore è incompleto, terminando poco sotto l’ombelico con un margine noto come linea arcuata. Sul diastasi dei retti robot e REPApiano pratico ciò significa che, dato che le suture muscolari devono essere realizzate sulle fasce e non direttamente sul tessuto muscolare (che è “fragile” e tende a lacerarsi, sanguinare ecc.), nella riparazione robotica la diastasi può essere chiusa efficacemente solo fino alla linea arcuata (a meno che al di sotto di questa i punti non attraversino i muscoli “a tutto spessore”, includendo nella sutura anche il foglietto anteriore della guaina dei retti: ma in questo caso il traumatismo muscolare sarebbe davvero notevole); mentre con la REPA la diastasi può essere riparata per tutta la sua lunghezza, dallo sterno fino al pube.
  5. Tempi dell’intervento. L’intervento robotico può essere visualizzato in questo video.  In pratica, con questa tecnica si incide il peritoneo per tutta la lunghezza dei muscoli retti, fino a scoprire il foglietto posteriore della loro fascia ed ad evidenziare la diastasi; a questo punto, la diastasi viene chiusa suturando (cioè cucendo) i due muscoli retti tra loro (sempre ricordando la famosa linea arcuata…); quindi il peritoneo viene richiuso, e si colloca una rete. Nella REPA, di cui in fondo a questo articolo è possibile vedere un video con i momenti tecnici principali, una volta creato lo spazio chirurgico il perimetro della diastasi viene identificato con delle piccole scariche elettriche (che ci consentono di scoprire molte cose su questi due muscoli… ad esempio il fatto che, proprio a causa della diastasi, molto spesso al di sotto dell’ombelico essi si contraggono pochissimo, o non si contraggono proprio, e questa è la causa del “bombé” addominale, cioè di quel gonfiore che è una delle prime cose di cui le pazienti si lamentano quando arrivano in studio); ciò fatto, i muscoli vengono riallineati alla linea media e suturati, ricostruendo la linea alba: il fatto di eseguire questo tempo chirurgico sul foglietto anteriore della guaina dei retti ci consente di suturare la diastasi per tutta la sua estensione, dallo sterno fino al pube. Infine, si colloca la rete.
  6. La rete. Sia in chirurgia robotica che con la REPA si utilizza una rete. Le reti che si usano, però, sono profondamente differenti. Nel caso del robot, viene utilizzata una cosiddetta “dual mesh”, cioè una rete relativamente pesante con due superfici di materiale diverso. Una di queste due superfici è teoricamente studiata per poter essere messa a contatto con i visceri addominali (intestino, stomaco, ecc.). Tuttavia, anche la più avanzata di queste reti provoca sempre la formazione di aderenze con tali organi. Le aderenze possono non dare segno di sé anche per tutta la vita, ma possono, dall’altro lato, essere causa, per esempio, di ostruzione intestinale o fistole enteriche, problemi abbastanza gravi di non semplice soluzione chirurgica. Nel caso della REPA, invece, la rete viene collocata al di sopra del foglietto anteriore della fascia dei retti. Viene generalmente usata una rete ultraleggera (noi usiamo una rete di circa 19 g/mq, il che, rapportato alla superficie della rete normalmente usata, significa meno di 0,5 g di protesi collocata). La rete non è a contatto con nessun organo e non ha alcuna possibilità di provocare lesioni a carico di strutture “nobili”. E’ possibile, invece, anche se rara, la formazione di sieromi ed ematomi, il cui trattamento è quasi sempre conservativo, e la cui frequenza si riduce notevolmente semlicemente lasciando il drenaggio in sede per qualche giorno in piu’ nel postoperatorio.

Se quindi dobbiamo parlare di diastasi dei retti robot e REPA confrontando le tecniche, non c’è molto altro da aggiungere. Non voglio trarre nessuna conclusione, come ho detto il robot mi affascina: ma per il trattamento della diastasi dei retti sono, e resterò sempre, l’uomo della REPA.

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