L’uso della rete nella diastasi dei retti addominali
Diastasi dei retti addominali: perchè usare la rete
Ho deciso di scrivere questo breve articolo per rispondere ad una domanda che mi viene fatta da praticamente tutte le pazienti che si rivolgono a me per un problema di diastasi dei retti addominali: “Dottore, ma bisogna proprio usarla, la rete?”
Sì, bisogna usarla. Al di là del fatto che la tecnica R.E.P.A. che io propongo – ossia la riparazione mininvasiva endoscopica messa a punto dal Dr. Juarez Muas – lo prevede specificamente, tutti i chirurghi che si occupano di chirurgia della parete addominale sanno perfettamente da decenni che l’uso delle reti ha ridotto drasticamente l’incidenza di recidiva postoperatoria delle ernie e degli altri difetti di parete: se prima della loro introduzione ci si poteva aspettare una recidiva in oltre il 20% dei casi, oggi siamo a meno del 4%. Tuttavia, è vero che le reti si comportano da corpo estraneo, e che la loro introduzione in un organismo vivente non è senza conseguenze. Il corpo reagisce alla presenza di una rete, come di qualsiasi altro oggetto che venga introdotto al suo interno. Da una parte, però, questa reazione fa proprio parte del meccanismo con cui le reti rendono più stabile e sicura la riparazione del difetto; infatti, la formazione di tessuto fibroso che penetra tra le maglie della rete è esattamente ciò che più di ogni altra cosa rende solida e durevole la riparazione; tanto per semplificare, è come se si formasse una cicatrice dura e resistente dove prima c’era un buco. Questo vale per ogni difetto di parete, compresa la diastasi dei retti addominali. Durante l’intervento, i muscoli retti vengono riallineati sulla linea media del corpo e suturati tra loro (noi chirurghi chiamiamo questo tempo operatorio “ricostruzione della linea media”): la rete stabilizza e rinforza questa sutura, sia attraverso le proprie caratteristiche capacità meccaniche, sia, soprattutto, inducendo la formazione della “cicatrice dura e resistente” di cui abbiamo appena parlato.
Diastasi dei retti addominali: che rete usare?
Le reti, però, non sono tutte uguali.
Una premessa necessaria è che in questo intervento si usano le reti di polipropilene, un materiale plastico inerte e resistente alle infezioni scoperto da uno scienziato italiano, Giulio Natta, che per questo vinse il premio Nobel per la Chimica nel 1963. La stragrande maggioranza delle reti oggi usate nella chirurgia di parete sono costituite di, o hanno come base il, polipropilene.
Tuttavia, non esiste una solo tipo di rete di polipropilene. Queste reti si distinguono tra loro per il peso e per la tessitura (ovvero per come sono intrecciati tra di loro, tridimensionalmente, i filamenti di polipropilene).
In base al peso, esistono reti ultraleggere (meno di 35 g/m2), leggere (tra 35 e 70 g/m2), standard (tra 70 e 140 g/m2) e pesanti (oltre i 140 g/m2). Un brillante articolo su questa classificazione, scritto dal compianto Andrea Coda (uno dei più importanti chirurghi di parete italiani, scomparso prematuramente qualche anno fa), può essere letto qui. Questa distinzione non è puramente accademica: infatti il peso della rete è uno dei fattori determinanti nell’origine del dolore postoperatorio, della sensazione di corpo estraneo e nella rigidità dell’area in cui la la protesi viene collocata. Una review molto importante su questo genere di problemi, riferita nello specifico alla riparazione dell’ernia inguinale ma applicabile anche a tutti gli altri casi di chirurgia protesica della parete addominale, è stata pubblicata nel 2012 sul British Journal of Surgery, una delle più importanti riviste di chirurgia del mondo. In questo articolo, viene chiaramente evidenziato che le reti leggere ed utraleggere causano una molto minore rigidità, meno dolore e una ridottissima sensazione di corpo estraneo rispetto alle reti standard e pesanti.
Il “confort” di una rete è quindi tanto maggiore quanto minore è il suo peso. Questo argomento diventa tanto più importante quando si considera che la maggioranza delle pazienti che si sottopongono ad intervento chirurgico per una diastasi dei retti addominali sono giovani, in ottima forma fisica e sportive – e quindi dovranno convivere a lungo con la rete, e questa auspicabilmente dovrà essere compliante con il loro stile di vita. Pertanto, le reti più adatte in questi casi sono le reti ultraleggere.
Oggi sono disponibili reti ultraleggere del peso di 20 g/m2, il che consente, una volta ritagliata la protesi, di lasciare meno di 0,5 g di “corpo estraneo” impiantato nei pazienti.
Diastasi dei retti addominali e protesi: concludendo…
La conclusione di tutto questo discorso è ovvia: in considerazione delle caratteristiche, prima ricordate, delle pazienti che si sottopongono ad intervento chirurgico per diastasi dei retti addominali, e dello stile di vita dinamico che in genere conducono, le reti migliori per questa chirurgia sono le reti ultraleggere: massimo confort, minima rigidità, minima o nulla sensazione di corpo estraneo.
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Vorrei sapere, il costo
Il costo della rete o dell’intervento?
Entrambi
vorrei sapere cosa succede se dopo l’intervento di rimane incinta
grazie
Buonasera. Il rischio più concreto è la recidiva della diastasi con rottura della rete. Per questo uno dei requisiti per la candidabilità alla chirurgia è essere certi che non si desiderino altri figli.
Cordiali saluti.
Egr. Dottore,ma la sensazione di corpo estraneo persiste a vita o sparisce dopo qualche mese/anno dall’intervento? Grazie mille.
Buongiorno. La sensazione di corpo estraneo varia da paziente a paziente e dipende molto dalla rete che si usa. Usando reti leggere od ultraleggere, non si avverte. Con reti più pesanti, può persistere nel tempo.
Con le reti leggere, il rischio di sensazione di corpo estraneo è praticamente inesistente.
volevo chiedere se dopo l’intervento sarà poi possibile svolgere una vita normale fare un po di sport .
Buongiorno. Certamente, al termine della fisioterapia postoperatoria la vita è completamente normale e si può tornare a fare sport anche a livello agonistico
Salve, la rete di polipropilene è riassorbibile?
No, il polipropilene è un materiale inerte non assorbibile