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REPA: la componente estetica

La REPA nasce come chirurgia funzionale, senza componente estetica; il suo obbiettivo primario è quello di curare i problemi di salute legati alla diastasi dei retti – lombalgia, incontinenza urinaria, gonfiore addominale, reflusso, stitichezza, dolori addominali eccetera.

Diranno i chirurghi plastici: per i risultati estetici c’è l’addominoplastica!

E invece no, amiche mie. Quando la selezione del paziente è corretta, i risultati “cosmetici” della REPA sono inarrivabili anche per la chirurgia estetica.

Come chi è venuto a visita da me ben sa, io molto raramente faccio fotografie ai pazienti: sono un chirurgo generale che si occupa di chirurgia della parete addominale, non sono ancora riuscito a farmi entrare in mente di fare fotografie della parete addominale come tipicamente fanno i chirurghi plastici. E poi – ripetiamolo –  io lo dico sempre alle pazienti: la mia è una chirurgia funzionale, non estetica.

Tuttavia sono le stesse pazienti che si fotografano, e le loro fotografie sono molto più naturali e veritiere, non sottoposte a passaggi in Photoshop, di quelle fatte (e poi mostrate) dai chirurghi plastici.

Le foto che seguono mi sono state inviate da una paziente che ho operato 5 mesi fa circa., insieme col suo commento: “Direi ottimo risultato… Bravo!!!”

Spesso il tono di questi complimenti è più meravigliato che compiaciuto: non poche pazienti vengono da me solo perchè non sopportano più i fastidi causati dalla diastasi, e quindi osservare i risultati estetici dopo l’intervento è motivo di stupore anche per loro.

Niente può rendermi più felice di una paziente felice, e soprattutto niente può rendermi più felice della consapevolezza di aver offerto alle mie pazienti la migliore scelta terapeutica oggi disponibile per il trattamento minimamente invasivo della diastasi dei retti: la REPA, che, adesso possiamo dircelo tra noi, non è soltanto curativa ma ha anche una componente estetica straordinaria. E tra tutti gli interventi mininvasivi oggi proposti nel nostro Paese (alcuni anche pirateschi, ma questo sarà argomento di un prossimo articolo) è quello più validato dalla comunità chirurgica internazionale, più realizzato al mondo, con più pubblicazioni scientifiche su riviste chirurgiche ad alto impact factor (ed io sono orgoglioso di essere il chirurgo che più ne ha fatte al mondo).

Quello che è importante sottolineare, adesso è che l’addominoplastica per la riparazione della diastasi dei retti non ha più nessuna indicazione nè giustificazione nelle pazienti che non abbiano um grembiule adiposo da asportare. Se non v’è pelle in eccesso da rimuovere, che senso ha sottoporre una paziente ad un intervento così invasivo, doloroso, gravato di complicanze e soprattutto dai risultati incerti, visto che la letteratura medica riporta fino ad un 40% di recidive? Con la REPA le recidive sono meno del 3%

Però ancora molte donne sono sottoposte ad addominoplastica senza che ne abbiano la necessità. Ciò accade perchè, ancora troppo spesso, il primo chirurgo che visita una diastasi – spesso su indicazione (sbagliata) di un ginecologo, di un Medico di famiglia o di amici poco informati – è il chirurgo plastico, e i chirurghi plastici non fanno chirurgia endoscopica, non utilizzano le reti per prevenire la recidiva, non fa parte del loro bagaglio formativo. Guardate la foto sotto: la paziente A sicuramente ha bisogno di un’addominoplastica – che è quanto io propongo a pazienti così, garantendo anche l’uso della rete per ridurre le recidive, come nella REPA; ma pensate davvero che la paziente B dovrebbe essere sottoposta ad un intervento così invasivo? Io sono certo che no.

Addominoplastica, REPA, diastasi dei retti

Concludendo la REPA è una chirurgia funzionale che se ben indicata ha una componente estetica difficilmente battibile da altri tipi di intervento, specie dall’addominoplastica. E quindi la conseguenza naturale è che, per le sue conoscenze, per la sua formazione e la sua esperienza, e non ultimo per i risultati della REPA in termini di recidive, il chirurgo generale deve essere consultato da una paziente con diastasi dei retti. Ad ognuno il suo, no?

Addominoplastica e recidive della diastasi

Una fantastica, lontanissima terra.

La chirurgia, per le donne con diastasi dei retti, è quella terra fantastica e lontana a cui tutte vorrebbero approdare per rinascere. Una parte – la maggior parte – di esse si scontra con una dura realtà: nel Sistema Sanitario Nazionale, la diastasi può essere operata solo a determinate, e limitate, condizioni:

Nel SSN, quindi, in linea teorica potrebbero essere operate solo pazienti con “diastasi di grado elevato”, anamnesi di grande obesità e BMI inferiore a 30: in sostanza, pazienti ex obese che sono dimagrite, magari dopo chirurgia bariatrica, e che presentino almeno 4 dei 5 criteri di inclusione riportati dalla normativa. Una percentuale davvero minima delle pazienti con diastasi dei retti.

Anche ammesso, comunque, che si riesca a superare questa rigorosissima selezione (spesso grazie al Chirurgo che, a proprio rischio e pericolo visti i controlli attualmente realizzati nel SSN, chiude uno od entrambi gli occhi), alle pazienti generalmente viene offerta una sola opzione chirurgica: l’addominoplastica.

Ma quanto è efficace l’addominoplastica? In particolare, cosa possiamo dire su addominoplastica e recidive della diastasi?

Addominoplastica e recidive della diastasi dei retti

Recentemente sono stato invitato a parlare della  REPA, la riparazione endoscopica della diastasi dei retti, al congresso dell’ISHAWS (Italian Society of Hernia and Abdominal Wall Surgery) celebratosi in Napoli la prima settimana di dicembre. Nella mia presentazione, tra le altre, ho fatto vedere questa diapositiva:

addominoplastica, complicanze dell'addominoplastica, addominoplastica e recidive della diastasi

Ovviamente, per gli addetti ai lavori, questa immagine non è di particolare impatto; sono cose risapute: l’invasività dell’addominoplastica, gli ampi scollamenti, la cicatrice che anche se perfetta (come nella foto) è comunque grandissima, e poi le complicanze più gravi: le necrosi del lembo (quelle zone scure sulla ferita chirurgica, in pratica “carne morta”…) e dell’ombelico. Tutte cose che un chirurgo sa, ma che bisogna che soprattutto la paziente sappia.

La paziente, al momento della visita, vuole essere rassicurata: “Dottore, mi dica che a me questo non succederà mai!” E qualcuno, magari, lo dice pure o minimizza: tutto, alla fine, a volte sembra una passeggiata. Ma non lo è.

E che dire delle recidive della diastasi dopo addominoplastica? Qui il discorso si fa serio: perché gli stessi chirurghi negano, mentendo. Ecco un’altra diapositiva da me presentata nella stessa occasione:

addominoplastica e recidive della diastasi, complicanze dell'addominoplastica

Questa immagine, sì, ha fatto scalpore ed ha scatenato un dibattito a tratti acceso. Prima di tutto, voi probabilmente non lo sapete ma il giornale che pubblica l’articolo in questione, Surgical Endoscopy, è uno dei più importanti e seri del mondo chirurgico. Ne deriva che il problema è serio, ma qual è il problema? Bene, il fatto che, su 14 pubblicazioni sulla riparazione per addominoplastica analizzate, 9 riportino che non vi sono state recidive nel postoperatorio è un problema: perché NON E’ CREDIBILE, e questo, in medicina, è un GROSSO problema. Come dico sempre alle pazienti in visita, in medicina lo 0% ed il 100% non esistono: e soprattutto nella chirurgia della parete addominale la recidiva, in una percentuale piccola o grande che sia, c’è sempre. Tutti, anche il più grande chirurgo di parete del mondo, hanno le loro recidive: TUTTI. Il fatto che in 2/3 dei lavori esaminati in questo articolo, gli autori dichiarino di non aver avuto recidive può voler dire due cose: o che essi mentono, oppure che le loro recidive sono andate da un altro chirurgo.

Vediamo quest’altra diapositiva:

complicanze dell' addominoplastica e recidive della diastasi

Questo articolo di Hernia del 2011 prende in esame i risultati pubblicati in lavori scientifici con dati di alta qualità (ovvero molto attendibili) sul follow up di pazienti operati di diastasi dei retti con varie tecniche (principalmente addominoplastiche).

Hernia é la più importante rivista di chirurgia di parete addominale attualmente pubblicata al mondo.

I dati in questo caso cambiano molto. Ecco alcuni esempi:

  1. Nel lavoro pubblicato da Van Uchelen e coll. nel 2001  (The long-term durability of plication of the anterior rectus sheath assessed by ultrasonography) le recidive della diastasi dopo addominoplastica sono il 40%. QUARANTA PERCENTO.
  2. Oscar Ramirez, Chirurgo conosciuto in tutto il mondo per aver inventato una tecnica rivoluzionaria di riparazione delle grandi ernie addominali (ancora oggi una delle tecniche più usate) riporta (Abdominoplasty and abdominal wall rehabilitation: a comprehensive approach) circa il 3% di NECROSI DEL LEMBO CUTANEO (guardate la prima foto più sopra…)
  3. Zukowski e coll. nel complesso descrivono la comparsa di complicanze postoperatorie (non secondarie: epidermolisi, necrosi cutanee, infezioni della ferita, neuralgie croniche…) nel 15% dei pazienti operati. IL QUINDICI PERCENTO.

Non vi annoio ulteriormente. Tutto questo é per dire che i maghi, in chirurgia, non esistono. Lo 0% di complicanze non esiste. Il 100% di successi non esiste. Esiste l’impegno, da parte del Chirurgo, a mettere in campo tutti gli accorgimenti possibili per ridurre al minimo i problemi nel postoperatorio. Esiste l’esperienza dell’equipe chirurgica (non é lo stesso aver realizzato 10 riparazioni endoscopiche REPA, o 10 addominoplastiche, od averne fatte 100). Esiste l’onestà professionale. Ad esempio, io avviso sempre i pazienti che vengono da me per una patologia della parete addominale, che vi sono delle complicanze postoperatorie da tenere in considerazione:

  • Recidive dopo REPA: circa il 2%; dopo ernioplastica inguinale: meno del 5%
  • Sieromi dopo REPA: circa il 7%
  • Infezioni della protesi: pochissime (ne ho avuta una sola) ma possibili

solo per fare qualche esempio. Come sempre (e in genere questo i pazienti non lo sanno) la riuscita di un intervento si determina al 90% PRIMA dell’intervento stesso, e dipende dalla corretta selezione del paziente, dalla scelta della tecnica più adeguata in ogni caso (si chiama “chirurgia sartoriale”, “tailored surgery”) e dall’adozione di tutte le misure necessarie, prima e dopo la chirurgia, per ridurre le complicanze (ginnastica preoperatoria, bendaggi, trattamento farmacologico eccetera). 

Una complicanza non é una sconfitta, né mette necessariamente in discussione la capacità di chi opera: é sempre un evento multifattoriale, difficilissimamente prevedibile, in cui la “componente umana lato paziente” gioca un ruolo importante (ad esempio: la diastasi é espressione di una malattia del collagene: probabilmente nelle pazienti in cui la diastasi recidiva la malattia é particolarmente avanzata), cosí come anche la tecnica chirurgica scelta (la plicatura dei retti é sotto tensione? E’ stata usata una rete? La paziente ha un grembiule adiposo od un eccesso cutaneo, per cui l’addominoplastica é indicata, oppure non ce l’ha, ed allora non non sussiste indicazione all’addominoplastica? E’ disposta ad accettare gli esiti cicatriziali dell’intervento o il suo grado di invasivitá? Abbiamo deciso di operare un paziente obeso? Uno sulla cui compliace postoperatoria – ovvero la capacità, o la voglia, di eseguire gli ordini medici nel postoperatorio – abbiamo dei dubbi? Quali sono i limiti intrinseci della tecnica proposta, ed esiste una tecnica migliore? La soluzione tecnica proposta dal chirurgo é la migliore per il chirurgo o per il paziente?).

Ricordatevi tutte queste cose, quando il vostro Chirurgo vi proporrà la sua soluzione per la vostra diastasi dei retti.

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