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Chirurgia della diastasi e robot: fact checking

Ho recentemente trovato questo articolo che confronta le varie tecniche di chirurgia della diastasi, mettendo particolarmente in risalto i pregi della chirurgia robotica rispetto alle altre metodiche.

Premessa indispensabile: ho sempre sostenuto che il Da Vinci, il robot chirurgico, sia uno strumento eccezionale nella chirurgia in genere, forse di piu’ in branche specialistiche come l’urologia, ma anche nella chirurgia dei tumori dell’apparato digerente e nella chirurgia della parete addominale. Tuttavia, ritengo che chirurgia della diastasi e robot non vadano troppo d’accordo: ed ho gia’ scritto un articolo che mette a confronto le due metodiche, la robotica e l’endoscopica.

Perche’, quindi, tornare sull’argomento? Perche’ l’articolo sopra ricordato contiene, a mio avviso, delle gravi inesattezze – spero non intenzionali – e nel tentativo di pubblicizzare una tecnica rispetto ad un’altra rischia di dare informazioni inesatte, e quindi fuorvianti, ai pazienti.

Chi mi segue sul blog e attraverso la mia pagina Facebook sa che il mio interesse primario e’ fare informazione scientifica facilmente fruibile alle pazienti che soffrono di diastasi dei retti: per questo motivo, ho deciso di sottoporre a fact checking l’articolo su chirurgia della diastasi e robot di cui sopra.

“Ho avuto il mio primo contatto con il robot undici anni fa, quando ancora in Italia si conoscevano a malapena e si pensava che l’ultimo ritrovato in fatto di chirurgia di parete addominale fosse l’endoscopia o la laparoscopia semplice. E purtroppo, dopo tutti questi anni, c’è ancora chi lo crede (o cerca di autoconvincersi)”.

FALSO. Parlando di endoscopia, la principale tecnica validata a livello internazionale, e pubblicata su riviste scientifiche ad elevato impact factor e’ la REPA. Il primo caso di REPA e’ stato realizzato nel 2014 e la metodica e’ stata pubblicata nel 2017 (anche se in ambiente chirurgico se ne parlava gia’ da qualche anno). Questo breve articolo ad accesso libero fa un rapido cenno alle altre (poche) tecniche endoscopiche oggi note (da sottolineare che il caso descritto nell’articolo e’ una REPA). Tra queste, la piu’ importante e’ quella di Bellon Luque e coll., pubblicata a sua volta su una rivista importante, ma molto poco usata oggi; l’articolo di Bellon Luque fa riferimento ad interventi eseguiti tra il 2011 e il 2012. Pertanto, undici anni fa l’autore dell’articolo di cui sopra non poteva conoscere tecniche endoscopiche per la riparazione della diastasi dei retti.

“Chi attualmente in Italia scredita l’utilizzo della chirurgia robotica nel trattamento della diastasi addominale non ha certo esperienza in questo settore per poter sostenere o argomentare le proprie critiche. Probabilmente non ha mai visto da vicino un robot e non ne ha mani usato uno. Sicuramente non ha mai visto un intervento da me eseguito con questa tecnica ed il relativo decorso e risultato post-operatorio”.

FALSO. Credo che questo paragrafo sia dedicato a me, proprio per l’articolo di confronto tra tecniche endoscopiche e robotiche che ho pubblicato qualche tempo fa. Nella sala operatoria dove opero, proprio nella mia sala operatoria, ho a disposizione un Da Vinci; ho effettuato il training, conosco il robot molto bene e lo so usare. Ho avuto occasione di visitare, forse un mese fa, una paziente operata dall’autore dell’articolo (una Collega Pediatra che lavora in Toscana) che, avendo avuto una recidiva a circa un anno dall’intervento, era venuta da me per un parere sulla sua situazione. Quindi conosco tanto il robot che i risultati postoperatori della chirurgia robotica, non diversi da quelli delle altre tecniche. (Questo ha poco del fact checking, pero’ era qualcosa che volevo precisare).

“Gli strumenti robotici sono delicatissimi, miniaturizzati, e vengono mossi dal chirurgo con una precisione pari alla frazione di millimetro. Inoltre hanno la caratteristica fondamentale di essere articolabili in tutte le direzioni.
Gli strumenti endoscopici o laparoscopici, invece, sono delle bacchette dritte e non articolabili su cui sono montati strumenti piuttosto grossolani”.

FALSO. Ci sono molte pinze laparoscopiche articolabili. A questo link potrete trovare un esempio di tali strumenti, prodotti da una Casa francese, la Lamidey Noury, che consentono dei gradi di liberta’ di movimento che sono paragonabili a quelli di un robot. Strumenti simili vengono sviluppati costantemente. Inoltre, come in tutte le cose, la finezza e l’abilita’ nel compiere un’azione (sia essa correre dietro un pallone o eseguire una sutura laparoscopica) dipende dalle capacita’ personali, dall’allenamento e dalla tecnologia disponibile. In laparoscopia, come anche nella chirurgia della diastasi per via endoscopica, si puo’ raggiungere una finezza di movimenti non dissimile da quella offerta dal robot, grazie anche all’ausilio di pinze articolabili simili alle pinze robotiche.

“Hanno diametro di 8 millimetri, ma l’incisione cutanea è sempre di 5 millimetri per consentire la piena aderenza e tenuta.”

FALSO. E’ una banale questione matematica. La circonferenza (diametro x 3,14) di un cerchio avente un diametro di 5 mm e’ 15,70 mm; quella di un cerchio avente diametro 8 mm e’ 25,12 mm. Sfido chiunque a far passare uno strumento avente una circonferenza di piu’ di 25 mm da un buco di 15 mm di circonferenza. Certo, la pelle e’ un tessuto molto elastico, ma se sottoposto a tensioni di questo tipo si dilata e/o lacera (e quindi l’incisione iniziale, inevitabilmente, si ingrandisce).

“L’assorbimento di gas Co2 si verifica in tutte e due le tecniche”.

FALSO. Esistono numerosissimi articoli sulle alterazioni causate al peritoneo e sulle variazioni della pCO2 e del pH nel sangue durante la laparoscopia. I links prima riportati ne sono solo un esempio. Nel corso di procedure laparoscopiche / robotiche, la CO2 viene assorbita dal peritoneo. Nelle tecniche endoscopiche non si hanno le stesse modifiche, in quanto i tessuti con cui entra in contatto la CO2 non possiedono la capacita’ di assorbirla in quantita’ significative. L’assorbimento di CO2, con le conseguenti alterazioni dell’equilibrio acido-base del sangue ed in particolare la diminuzione del pH, si verifica in maniera significativa durante gli interventi laparoscopici / robotici MA NON durante un intervento endoscopico.

“L’intervento che eseguo appartiene alla categoria R.T.A.P.P. che significa Robotic Trans-Abdominal Pre-Peritoneal e si basa sull’utilizzo dello spazio pre-peritoneale.
Lo spazio può essere preparato soltanto grazie alla delicatezza e precisione degli strumenti robotici”.

FALSO. L’accesso al piano preperitoneale per via transaddominale (TAPP) e’ agevole anche in laparoscopia. Qui un video di una riparazione laparoscopica TAPP di un’ernia epigastrica eseguita da me stesso. Oggi, in realta’, e’ sempre piu’ frequente la dissezione laparoscopica del piano preperitoneale come sito di posizionamento di reti chirurgiche, per evitare di lasciare corpi estranei (le reti, appunto) direttamente a contatto con i visceri addominali.

“Nelle metodiche endoscopiche anteriori non robotiche la sutura di avvicinamento muscolare risulta tecnicamente disagevole sia a causa dello strumentario che a causa dello spazio di lavoro. È eseguita solo sul versante anteriore della parete addominale e non a pieno spessore sul margine mediale dei muscoli retti, risultando nettamente più fragile […]”

FALSO. Nella foto che segue, tratta da uno degli ultimi interventi di chirurgia della diastasi per via endoscopica da me eseguiti, risulta evidente come i muscoli retti vengano suturati a tutto spessore, non solo sulla fascia

Chirurgia della diastasi

anteriore. Cio’ risulta agevole in endoscopia, perche’ la linea alba, slargata e ridondante, si invagina con la sutura, e puo’ essere utilizzata come fascia di rinforzo per la sutura lungo tutta la lunghezza muscolare. Questo invaginamento della linea alba e’ invece difficile da ottenere per via TAPP, anche perche’ il gas tende a spingerla verso l’esterno. In endoscopia la sutura muscolare e’ sempre a tutto spessore, rinforzata dalla linea alba. Lo stesso e’ piu’ complesso da ottenere in laparoscopia / robotica.

“Inoltre, a causa del compartimento di lavoro anteriore, non c’è il pieno controllo durante il passaggio dei punti anche se il chirurgo cerca di stare leggero e prendere poco tessuto.
Il passaggio dei punti di sutura è alla cieca nel versante profondo con rischio di danneggiamento sui visceri e sull’intestino (alcune persone hanno pareti muscolari di pochi millimetri di spessore a causa della distrofia muscolo-tendinea presente nelle fasi avanzati della diastasi)”.

FALSO. Sempre dalla stessa foto, e’ evidente come il tessuto che viene suturato e’ sempre completamente sotto il controllo visivo del chirurgo. I danni viscerali nella chirurgia della diastasi sono sempre possibili (specie quando si lavora all’interno della cavita’ addominale, come in robotica), ma con l’approccio anteriore prefasciale, e con il perfetto controllo visivo dei tessuti che si suturano ben dimostrato dalla fotografia precedente, tale rischio si approssima allo 0.

“Si posiziona una tipologia di rete super leggera autofissante e parzialmente riassorbibile prodotta dalla migliore azienda al mondo nel settore, con lo scopo di apporre il minore materiale impiantatile possibile”.

FALSO. La rete citata e’ la Progrip della Medtronic, nota azienda inglese attiva nel settore biomedicale. Tralasciamo l’opinione (perche’ solo questo e’) che si tratti della migliore azienda al mondo nel settore. L’immagine che segue e’ tratta dalla brochure informativa del prodotto, rilasciata

chirurgia della diastasi

dalla stessa Azienda e facilmente reperibile nel web. Come si vede, la rete (parzialmente riassorbibile) pesa, al momento dell’impianto, 73 g/mq, ed al termine del riassorbimento 38 g/mq. Questo articolo, pubblicato nel 2012, e’ il punto di riferimento mondiale per la classificazione delle reti chirurgiche in base al peso: come si vede, le reti tra 35 e 70 g/mq vengono classificate come leggere, e tra 70 e 140 g/mq standard; quindi, al momento dell’impianto, la rete e’ una rete standard, mentre al termine del riassorbimento e’ leggera e non “super leggera” (il termine esatto e’ ultraleggera) come asserito nell’articolo. Per inciso, la rete usata nella REPA pesa 19 g/mq: si tratta quindi, in questo caso, di una rete ultraleggera.

“Nelle tecniche endoscopiche non robotiche anteriori uno dei temibili ed irreversibili inconvenienti della rete è il rischio che venga percepita sotto pelle, specialmente dalle pazienti magre”.

FALSO. La posizione prefasciale utilizzata nelle tecniche endoscopiche e’ stata decritta dal chirurgo francese J.P. Chevrel nel 1979. Si tratta probabilmente della posizione piu’ usata oggi al mondo per il collocamento di una rete nelle riparazioni della parete addominale; in questo recente articolo e’ possibile vedere come le complicanze correlate a questa tecnica siano poche e la qualita’ della vita molto soddisfacente.

In definitiva, il fact checking sull’articolo in questione dimostra la presenza di molte affermazioni non corrette sulla chirurgia della diastasi, la tecnica robotica e l’endoscopia.

Il principio generale, sempre valido, e’ che ogni chirurgo deve operare utilizzando la tecnica con cui si senta piu’ “comodo” a parita’ di risultati e di sicurezza del paziente. Purtroppo, se per la REPA e’ gia’ presente una discreta quantita’ di letteratura (tra l’altro, sta per essere pubblicato un ampio studio multicentrico sui risultati di qesta tecnica, a cui anche il sottoscritto ha contribuito), non mi e’ stato possibile rintracciare, sul Medline, nessun articolo relativo a chirurgia della diastasi dei retti con il robot. Se qualcuno ne trovasse uno, lo prego di inviarmelo: sara’ per me un piacere leggerlo.

Contattaci!

[schema type=”person” name=”Dr. Salvatore Cuccomarino” orgname=”Cuccomarino, MD” url=”https://diastasideiretti.it” description=”Il primo ed unico team in Italia ad eseguire la REPA, cla chirurgia endoscopica gentile per la diastasi dei retti” city=”Torino” country=”IT” email=”info@cuccomarinomd.com” phone=”+39 011 043 8161″ ]

Ginnastica ipopressiva per la REPA: il nostro protocollo

Diastasi dei retti e ginnastica ipopressiva

Quando cominciai ad interessarmi alla REPA, la chirurgia mininvasiva della diastasi dei retti, il mio amico Derlin Juárez Muas, l’inventore della tecnica, si preoccupò di stressare molto il concetto di fisioterapia postoperatoria.
Per me era qualcosa di assolutamente nuovo: pur interessandomi da molti anni di chirurgia della parete addominale, non avevo mai pensato (nè avevo mai incontrato qualcuno che ci avesse pensato) che i muscoli addominali possano necessitare di una riabilitazione postoperatoria.
In realtà, riflettendoci, è un principio che oggi mi appare così semplice e scontato da sembrarmi quasi banale. Lo spiego con un’analogia: quando ci fratturiamo un arto, gli ortopedici ce lo ingessano per mantenerlo immobile per un congruo periodo di tempo, in maniera che l’osso rotto abbia il tempo di ripararsi. Normalmente, nei casi più fortunati, il tempo di immobilizzazione è di un mese. Quando il gesso, al termine del processo di riparazione, viene rimosso, è esperienza comune accorgersi che la massa muscolare immobilizzata con l’apparecchio gessato si è molto ridotta e si contrae con difficoltà. Per questo motivo, l’ortopedico ci invia dal fisioterapista, che comincia a sottoporci ad esercizi a volte difficili e dolorosi, ma indispensabili per il recupero funzionale del nostro arto fratturato.
Lo stesso avviene quando effettuiamo un intervento sulla parete addominale. L’addome è il segmento

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La “scatola addominale”: non solo una scatola…

del nostro organismo con il più alto rapporto muscolo:osso, ossia è costituito quasi esclusivamente da strutture muscolari: si tratta di muscoli superspecializzati, la cui attività è finalizzata ad assicurare tutte le complesse funzioni dell’addome. L’addome non è semplicemente una scatola statica destinata esclusivamente a contenere strutture “nobili” come il fegato o gli organi della digestione: ma ha un ruolo determinante in molti processi dinamici fondamentali, tra cui la respirazione, il corretto sostegno viscerale, il mantenimento della stazione eretta, la defecazione, la minzione, la continenza fecale e urinaria, la gravidanza.
Operando sulla parete addominale, noi chirurghi le provochiamo di necessità delle lesioni gravissime: tagliamo i suoi muscoli e le sue fasce, recidiamo i suoi nervi ed i suoi vasi sanguigni, inseriamo dei  materiali estranei; e la immobilizziamo per lunghi periodi di tempo, non meno di un mese. Tutto ciò è indispensabile per guarire i suoi difetti, ma ne compromette profondamente la funzione. Allora, perchè i muscoli addominali, nel postoperatorio di una chirurgia di parete non dovrebbero aver bisogno di un adeguato trattamento fisioterapico?
Semplice, no? Ma siccome la Medicina viene spesso (inevitabilmente direi, visto la pressione lavorativa che soprattutto in Italia noi Specialisti ospedalieri subiamo, e lo scarso tempo che abbiamo per studiare, aggiornarci od anche solo semplicemente confrontarci tra di noi) vissuta come se fosse una disciplina “a compartimenti stagni”, fino ad oggi nessuno ci aveva pensato.
Nessuno tranne Derlin.

Che cos’è la ginnastica ipopressiva?

Ed è stato sempre Derlin ad indicarmi l’uso della ginnastica ipopressiva. Perchè? Perchè si tratta di una serie di esercizi che sono in grado di riabilitare la muscolatura della parete addominale SENZA provocare un aumento della pressione all’interno dell’addome. Questo è di importanza fondamentale, perchè se sottoponessimo ad uno sforzo pressorio, prima che passi un certo, e non breve, periodo di tempo dall’intervento, le strutture su cui abbiamo operato, correremmo il serio rischio di “rompere” le riparazioni fatte.
E non solo. C’è un altro aspetto fondamentale della ginnastica ipopressiva che è di enorme aiuto nel caso della diastasi dei retti e del suo trattamento chirurgico. Come tutte le donne con diastasi sanno, la diastasi compare in seguito agli importanti aumenti di pressione addominale legati alla gravidanza. La parete addominale, gradualmente ma inesorabilmente, viene sottoposta ad uno stress pressorio tale che i normali rapporti muscolari si modificano irrimediabilmente. Ai fini funzionali, questo si traduce in una disfunzione propiocettiva: il sistema nervoso centrale non riesce più a controllare in maniera efficiente i muscoli della parete addominale, che si indeboliscono e si contraggono secondo vettori “sbagliati”. Le conseguenze fisiopatologiche sono abbastanza complesse, ma basti sapere che, alla fine, ciò si riflette sulla capacità di mantenere in maniera corretta la stazione eretta (da cui la lombalgia che affligge una grande maggioranza delle pazienti con diastasi), sul pavimento pelvico (incontinenza urinaria), sui meccanismi digestivi (stipsi, meteorismo, pesantezza).
La ginnastica ipopressiva è un insieme ordinato di esercizi posturali, ripetitivi e sequenziali, che consente al cervello di memorizzare una serie di messaggi propiocettivi associati ad una particolare postura. Ciò si ottiene dopo un periodo di “apprendimento” di, almeno, una decina si sedute di fisioterapia di un’ora ciascuna. La base anatomica di questo risultato è la creazione, grazie a un “bombardamento” di informazioni propiocettive, cinestesiche e sensitive, di reti neuronali talamiche che regolano l’attivazione dei muscoli del pavimento pelvico e della parete anterolaterale dell’addome.
Sembra una cosa complicata, ed in effetti lo è: in parole povere, possiamo dire che il cervello delle pazienti che si sottopongono a fisioterapia basata sulla ginnastica ipopressiva ricomincia a ricordare come fare per controllare in maniera corretta i muscoli della parete addominale. Si inverte quindi quel circolo vizioso che aveva condotto a quelle alterazioni posturali, del pavimento pelvico, dei meccanismi digestivi eccetera di cui parlavo poc’anzi. Le pazienti ritornano ad essere padrone del proprio corpo.
Per questo, io dico sempre che il trattamento della diastasi dei retti avviene, nel nostro team, attraverso un percorso multidisciplinare in cui la correzione chirurgica della diastasi vale “solo” il 50% del risultato. E questo concetto, tanto semplice quanto rivoluzionario, posso orgogliosamente dire di essere stato io ad introdurlo in Europa.

Quando cominciai ad operare le pazienti con diastasi dei retti nel nostro Paese, mi posi il problema di strutturare un adeguato protocollo fisioterapico. Io conoscevo una bravissima fisioterapista, la dottoressa Federica Crivellaro: mi sembrò quindi logico rivolgermi a lei per capire come questo potesse essere fatto. Federica, all’epoca, conosceva già la ginnastica ipopressiva: per capire come si applicasse alla chirurgia della diastasi dei retti si mise in contatto con le fisioterapiste (in Argentina!) del Dr. Juárez Muas, e questo fu il primo passo. Oggi Federica, che ha un master in ginnastica ipopressiva, ha messo a punto un protocollo, sia pre- che postoperatorio (e la fisioterapia preoperatoria siamo stati i primi al mondo a proporla!) rigoroso ed estremamente efficace, e segue, da vicino o da lontano, virtualmente tutte le mie pazienti: ossia tutte le donne, ad oggi, sottoposte a REPA in Italia.

Il nostro protocollo

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Dal sito del Dr. Caufriez, il “padre” della ginnastica ipopressiva

Ed è proprio per le pazienti che non vivono nei pressi di Torino che abbiamo pensato di pubblicare questo protocollo, ed un video della stessa dottoressa Crivellaro che esegue gli esercizi ipopressivi.
Speriamo, anzi, siamo convinti, che ciò sia un ulteriore valore aggiunto nella qualità dei servizi offerti dalla nostra squadra alle nostre pazienti: qualità e servizi che oggi ci pongono al primo posto, in Europa, nel trattamento minimamente invasivo della diastasi dei retti.

(N.B.: i documenti si trovano in una sezione riservata del sito, per accedere alla quale bisogna richiedere, ovviamente del tutto gratis, delle credenziali. Fatelo senza problemi, nego l’accesso solo ai tentativi di “spionaggio industriale” od ai profili fake…)

Il protocollo fisioterapico pre- e postoperatorio per le pazienti con diastasi dei retti

Il video degli esercizi ipopressivi

[schema type=”person” name=”Dr. Salvatore Cuccomarino” orgname=”Cuccomarino, MD” url=”https://www.facebook.com/CuccomarinoMD/” description=”I primi in Europa ad avere eseguito la REPA, la chirurgia mininvasiva per la diastasi dei retti dell’addome” city=”Torino” country=”IT” email=”info@cuccomarinomd.com” phone=”+39 011 0438161″ ]

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