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REPA: la componente estetica

La REPA nasce come chirurgia funzionale, senza componente estetica; il suo obbiettivo primario è quello di curare i problemi di salute legati alla diastasi dei retti – lombalgia, incontinenza urinaria, gonfiore addominale, reflusso, stitichezza, dolori addominali eccetera.

Diranno i chirurghi plastici: per i risultati estetici c’è l’addominoplastica!

E invece no, amiche mie. Quando la selezione del paziente è corretta, i risultati “cosmetici” della REPA sono inarrivabili anche per la chirurgia estetica.

Come chi è venuto a visita da me ben sa, io molto raramente faccio fotografie ai pazienti: sono un chirurgo generale che si occupa di chirurgia della parete addominale, non sono ancora riuscito a farmi entrare in mente di fare fotografie della parete addominale come tipicamente fanno i chirurghi plastici. E poi – ripetiamolo –  io lo dico sempre alle pazienti: la mia è una chirurgia funzionale, non estetica.

Tuttavia sono le stesse pazienti che si fotografano, e le loro fotografie sono molto più naturali e veritiere, non sottoposte a passaggi in Photoshop, di quelle fatte (e poi mostrate) dai chirurghi plastici.

Le foto che seguono mi sono state inviate da una paziente che ho operato 5 mesi fa circa., insieme col suo commento: “Direi ottimo risultato… Bravo!!!”

Spesso il tono di questi complimenti è più meravigliato che compiaciuto: non poche pazienti vengono da me solo perchè non sopportano più i fastidi causati dalla diastasi, e quindi osservare i risultati estetici dopo l’intervento è motivo di stupore anche per loro.

Niente può rendermi più felice di una paziente felice, e soprattutto niente può rendermi più felice della consapevolezza di aver offerto alle mie pazienti la migliore scelta terapeutica oggi disponibile per il trattamento minimamente invasivo della diastasi dei retti: la REPA, che, adesso possiamo dircelo tra noi, non è soltanto curativa ma ha anche una componente estetica straordinaria. E tra tutti gli interventi mininvasivi oggi proposti nel nostro Paese (alcuni anche pirateschi, ma questo sarà argomento di un prossimo articolo) è quello più validato dalla comunità chirurgica internazionale, più realizzato al mondo, con più pubblicazioni scientifiche su riviste chirurgiche ad alto impact factor (ed io sono orgoglioso di essere il chirurgo che più ne ha fatte al mondo).

Quello che è importante sottolineare, adesso è che l’addominoplastica per la riparazione della diastasi dei retti non ha più nessuna indicazione nè giustificazione nelle pazienti che non abbiano um grembiule adiposo da asportare. Se non v’è pelle in eccesso da rimuovere, che senso ha sottoporre una paziente ad un intervento così invasivo, doloroso, gravato di complicanze e soprattutto dai risultati incerti, visto che la letteratura medica riporta fino ad un 40% di recidive? Con la REPA le recidive sono meno del 3%

Però ancora molte donne sono sottoposte ad addominoplastica senza che ne abbiano la necessità. Ciò accade perchè, ancora troppo spesso, il primo chirurgo che visita una diastasi – spesso su indicazione (sbagliata) di un ginecologo, di un Medico di famiglia o di amici poco informati – è il chirurgo plastico, e i chirurghi plastici non fanno chirurgia endoscopica, non utilizzano le reti per prevenire la recidiva, non fa parte del loro bagaglio formativo. Guardate la foto sotto: la paziente A sicuramente ha bisogno di un’addominoplastica – che è quanto io propongo a pazienti così, garantendo anche l’uso della rete per ridurre le recidive, come nella REPA; ma pensate davvero che la paziente B dovrebbe essere sottoposta ad un intervento così invasivo? Io sono certo che no.

Addominoplastica, REPA, diastasi dei retti

Concludendo la REPA è una chirurgia funzionale che se ben indicata ha una componente estetica difficilmente battibile da altri tipi di intervento, specie dall’addominoplastica. E quindi la conseguenza naturale è che, per le sue conoscenze, per la sua formazione e la sua esperienza, e non ultimo per i risultati della REPA in termini di recidive, il chirurgo generale deve essere consultato da una paziente con diastasi dei retti. Ad ognuno il suo, no?

Diastasi addominale e REPA “at a glance”

Diastasi addominale: che cos’è?

La diastasi addominale – o diastasi dei retti – è una patologia ancora poco conosciuta in Italia. In questo articolo troverete tutte le spiegazioni su cosa sia la diastasi dei retti, chi ne soffre, a quali altre malattie si associa e su che principi si basi la REPA, il nostro ormai conosciutissimo intervento endoscopico per il trattamento minimamente invasivo della diastasi addominale.

Cos’è e come si cura la diastasi dei retti


Diastasi dei retti e REPA: perchè usare la rete?

Nell’intervento classico per la riparazione della diastasi addominale, l’addominoplasticarete, diastasi dei retti, REPA realizzata dai chirurghi plastici, la rete non viene quasi mai usata. Nella REPA, invece, il posizionamento di una rete è uno dei passi cruciali dell’intervento: questo ha consentito di ridurre le recidive della diastasi (riportate, in alcune casistiche di addominoplastica, al di sopra del 20%) a meno dell’1% per la REPA.

L’uso della rete nella diastasi dei retti addominali


Pancia gonfia dopo l’intervento per diastasi addominale

Purtroppo, vi sono dei casi in cui, dopo l’intervento per diastasi dei retti, la pancia rimane Diastasi addominale, pancia gonfia, meteorismogonfia. Perchè? Si è trattato di un errore del chirurgo? No: questo articolo ne spiega i motivi e le possibili soluzioni.

Pancia gonfia… quando la Natura prevale sul Chirurgo


Diastasi dei retti e mal di schiena

Il mal di schiena è uno dei più frequenti ed invalidanti sintomi della diastasi dei retti. Volete mal di schiena, diastasi dei retti, REPA, Cuccomarinosapere perchè chi ha la diastasi addominale ha, spessissimo, mal di schiena? Leggete questo articolo.

Diastasi dei retti e mal di schiena


Diastasi dei retti e incontinenza urinaria

Un’altra, grave condizione spesso associata alla diastasi dei retti è l’incontinenza urinaria. incontinenza fecale,incontinenza urinaria,eserkizi di Kegel,pavimento pelvicoMa perchè le donne (è un problema esclusivamente fenninile) con diastasi addominale ne soffrono? La spiegazione è nell’articolo che segue.

Incontinenza urinaria e diastasi dei retti


Diastasi addominale e fisioterapia postoperatoria

Come sanno bene le mie pazienti sottoposte a REPA, nel mio programma di trattamento della

ginnastica ipopressiva, ginnastica ipopressiva e diastasi dei retti, REPA, diastasi dei retti, Cuccomarino

diastasi dei retti la fisioterapia postoperatoria gioca un ruolo fondamentale (il 50% del successo, dico spesso a chi viene in studio). Insieme con la d.ssa Federica Crivellaro abbiamo sviluppato, PRIMI IN ITALIA ED EUROPA, un protocollo fisioterapico postoperatorio basato sulla ginnastica ipopressiva per ridare ai muscoli addominali il tono e la contrattilità adeguati.

Ginnastica ipopressiva per la REPA: il nostro protocollo


Chirurgia della diastasi dei retti: robot o REPA?

Una delle tecniche chirurgiche mininvasive oggi più propagandate per il trattamento della chirurgia della diastasi, roboto, robotica, REPA, fact checkingdiastasi dei retti è quella robotica. Nell’articolo che segue spiego perchè si tratti di una procedura non così minimamente invasiva ed adeguata per la chirurgia della diastasi addominale.

Diastasi dei retti robot e REPA – tecniche a confronto


Altre tecniche mininvasive: sono indicate?

L’approccio robotico non è l’unica tecnica minimamente invasiva oggi indicata per la chirurgiachirurgia endoscopica per la diastasi dei retti, chirurgia endoscopica della diastasi dei retti, REPA della diastasi di retti: molte altre sono state proposte, quasi tutte basate sulla tecnica di Rives. Ma di che si tratta? Sono davvero tecniche mininvasive? E sono davvero efficaci?

Chirurgia endoscopica per la diastasi dei retti: quale tecnica?


Quali sono i risultati della REPA?

Abbiamo finora parlato di tecniche chirurgiche e sintomi associati alla diastasi addominale: maREPA lo studio multicentirico, REPA Cuccomarino, diastasi dei retti, REPA quali sono i risultati della REPA? Ce lo racconta uno studio multicentrico che, insieme con altri dieci Centri chirurgici sparsi per il mondo, abbiamo pubblicato nell’aprile 2019.

REPA: lo studio multicentrico dimostra la sua efficacia


La diastasi dei retti e la chirurgia generale

Il trattamento chirurgico della diastasi addominale è sempre stato patrimonio dei Chirurghi

diastasi dei retti, diastasi addominale, REPA

plastici, che hanno visto come un intervento “a gamba tesa” l’arrivo del Dr. Cuccomarino, un Chirurgo generale specialista in chirurgia della parete addominale, e della sua REPA. In questo articolo spiego perchè, invece, la diastasi dei retti sia proprio pane per il Chirurgo generale, ancor più che per il Chirurgo plastico.

Ecco perchè un chirurgo di parete dovrebbe operare la diastasi dei retti


Il video della REPA

Nella sezione riservata del mio sito troverete un bel video della REPA (attenzione… non per cuori didastasi dei retti, chirurgia endoscopica della diastasi dei retti coniglio!)

Chirurgia endoscopica della diastasi dei retti: il video


Tossina botulinica e diastasi dei retti

Per noi Chirurghi che in giro per il mondo realizziamo la REPA è molto chiaro il principio che ilragade, ragade anale, dolore anale, tossina botulinica riavvicinamento dei muscoli retti allalinea media dell’addome deve avvenire con una sutura che non sia sotto tensione, pena l’aumento del rischio di recidiva della diastasi addominale. Ma se la diastasi dei retti è molto ampia è davvero difficile suturare i muscoli senza tensione. Per questo motivo, sulla scorta delle esperienze nella chirurgia dei grandi laparoceli, abbiamo introdotto, con risultati eccellenti, l’uso della tossina botulinica A preoperatoria nei pazienti con diastasi addominale.

La tossina botulinica A nella chirurgia dei laparoceli


REPA e qualità di vita: cosa cambia dopo l’intervento?

Le pazienti che giungono al mio studio, spesso dopo essere passate da altri due o tre Chirurghi ed aver ascoltato le più varie opinioni sulla diastasi e sulle maniere di operarla, sono, anche se informate, spesso molto confuse. Sanno solo una cosa: che la qualità della loro vita è gravemente compromessa dalla diastasi; lombalgia, meteorismo, incontinenza urinaria, il perdere il proprio aspetto normale sono tutte cose che hanno compromesso gravemente la loro esistenza. Per cui la prima domandda a cui sono chiamato a rispondere è: Dottore, cosa cambia dopo l’intervento? Vediamo cosa ne pensano le pazienti già operate: ecco i dati di una survey condotta su pazienti con follow-up postoperatorio da 6 a 26 mesi.

Cosa cambia dopo l’intervento per diastasi addominale?


Per avere informazioni o per un primo contatto, utilizzate il modulo che segue.

Ecco perché un chirurgo di parete dovrebbe operare la diastasi dei retti

L’articolo che segue è la traduzione, integrata ed in alcuni punti semplificata, dell’editoriale da me scritto su invito della Sociedad Hispanoamericana de Hernia sulla sua rivista.

Fino a tempi molto recenti, la diastasi dei retti è stata considerata un difetto principalmente, se non esclusivamente, estetico, e lasciata all’attenzione dei chirurghi plastici; i quali l’hanno riparata ricorrendo a tecniche, come l’addominoplastica, che, al di là della notevole invasività, non sempre trovano corretta indicazione nei pazienti con diastasi. Se, infatti, l’indicazione ad un

diastasi dei retti, addominoplastica, indicazioni chirurgiche

Fig. 1

intervento di addominoplastica è senza dubbio corretta in una paziente come quella della fig. 1, in cui è evidente l’addome pendulo che giustifica la dermolipectomia (ovvero l’asportazione della pelle in eccesso), cosa si può dire nel caso della paziente in fig. 2, che non ha né un grembiule adiposo né altre adiposità localizzate tali da giustificare un intervento di chirurgia plastica?
Eppure entrambe le pazienti, al di là del personale disagio psicologico derivante dalla difficoltà ad accettare il proprio aspetto, arrivano all’osservazione del chirurgo lamentando una serie di sintomi (dal mal di schiena al gonfiore

diastasi dei retti, REPA, indicazioni chirurgiche

Fig. 2

addominale, dal rallentamento dei processi digestivi all’incontinenza urinaria da sforzo, dalla stitichezza ai dolori addominali all’incapacità di compiere alcuni movimenti del tronco…) che compromettono gravemente la qualità della loro vita: e ciò diventa un problema, anche sociale, tanto più importante in quanto si tratta, generalmente, di pazienti giovani, lavorativamente molto attive, sportive, con importanti responsabilità familiari ed una intensa vita sociale. I disturbi che queste pazienti lamentano possono essere, in parte o in tutto, conseguenti alla diastasi dei retti, con meccanismi fisiopatologici che di seguito esamineremo. Ma il punto più importante del problema è che, nella grande maggioranza dei casi, le pazienti come quella della fig. 2 non accettano l’intervento di addominoplastica, a causa della sua invasività e degli importanti esiti cicatriziali, preferendo mantenere i propri sintomi che, col tempo, saranno inevitabilmente destinati a peggiorare.
Nell’ultimo decennio, con l’affermarsi della chirurgia della parete addominale come superspecialità della chirurgia generale, l’interesse dei chirurghi di parete si è focalizzato anche sulla diastasi dei retti; e, grazie al bagaglio tecnico e culturale da sempre patrimonio della chirurgia generale, che comprende la conoscenza, l’utilizzo e lo sviluppo di protesi, tecniche ed apparecchiature che consentono un approccio minimamente invasivo alla patologia di parete, la comunità chirurgica ha cominciato a chiedersi se potessero esistere delle opzioni tecniche meno invasive di un’addominoplastica per il trattamento della diastasi: opzioni tecniche, in definitiva, che potessero essere accettate anche dalla paziente della fig. 2, aiutandola a risolvere i suoi problemi.
Ben presto sono arrivate le risposte a questa domanda; e bisogna ammettere che il mondo chirurgico iberoamericano ha avuto in questo un ruolo da protagonista, con le tecniche di Bellido (attualmente in realtà’ poco usata), Bezama e Juarez Muas. In particolare, quest’ultima – la REPA, Riparazione Endoscopica Pre-Aponeurotica – ha avuto una rapida diffusione grazie alla costituzione di reti sociali sul web esclusivamente dedicate alla chirurgia della parete addominale, e può essere oggi considerata come la più standardizzata, razionale, efficace ed usata tecnica mininvasiva per la riparazione della diastasi dei retti.

FISIOPATOLOGIA DELLA PARETE ADDOMINALE NELLA DIASTASI DEI RETTI

Per molti anni, la parete addominale è stata considerata una sorta di “scatola” la cui principale, forse unica funzione, era quella di contenere strutture nobili; il ruolo dei muscoli addominali in processi quali la respirazione è stato considerato secondario, e le relazioni tra parete antero-laterale dell’addome, muscoli della colonna vertebrale e pavimento pelvico sono state decisamente sottovalutate (prova ne sia che la maggior parte delle pubblicazioni sull’argomento sono opera di fisioterapisti e non di medici).
In realtà, la parete addominale è una “scatola magica” che ha precise ed importanti funzioni nella respirazione, nel sostegno e nella protezione dei visceri addominali, nel mantenimento della di una corretta postura, della continenza tanto urinaria che fecale, nella gravidanza e nel parto. Questo complesso insieme di funzioni è strettamente legato alla sua struttura: la parete addominale e’ il segmento dell’organismo con il più elevato rapporto muscolo:osso (ovvero, è costituita prevalentemente da muscoli, la componente ossea è minima) ed è formata da unità muscolari con caratteristiche davvero peculiari ed uniche: ad esempio, i muscoli retti sono gli unici muscoli poligastrici del nostro corpo. Cosa vuol dire? Un muscolo poligastrico è un muscolo costituito da più unità funzionali, dette ventri muscolari, ognuna di esse in grado di contrarsi in maniera autonoma e indipendente dalle altre. Ogni muscolo retto è formato da 4 o 5 ventri ognuno con innervazione motoria propria, che possono contrarsi sincronicamente – cioè contemporaneamente: il che fa sì che possano partecipare a processi come l’espirazione forzata, la tosse, la defecazione e la flessione del tronco – oppure diacronicamente, cioè in sequenza uno dopo l’altro: e questo è uno dei principali meccanismi alla base delle contrazioni che si realizzano durante il parto. E, ad esempio, riguardo quest’ultimo aspetto, una vota di più la struttura è funzione: nel loro terzo inferiore i muscoli retti mancano del foglietto posteriore della loro guaina, il che conferisce alla parte inferiore della parete addominale una maggiore elasticità, fondamentale per lo sviluppo dell’utero gravidico.
La diastasi dei retti non è un difetto della parete addominale come l’ernia o il laparocele, e questo è importante sottolinearlo – anche se le tecniche di chirurgia endoscopica come la Riparazione Endoscopica Pre-Aponeurotica di Juarez Muas ci hanno consentito di “scoprire” che essa, in oltre il 90% dei casi, si associa ad un’ernia ombelicale; può essere correttamente definita come una insufficienza della linea alba, che risulta estremamente assottigliata e slargata, il che causa una protrusione (una sorta di prolasso) dei visceri addominali. Non raramente la linea alba è tanto assottigliata che le pazienti riferiscono di vedere, sulla loro parete addominale, dei movimenti che ricordano loro i movimenti ed i calcetti del feto durante la gestazione. Parlo di pazienti al femminile perché la diastasi dei retti è una condizione estremamente frequente nelle donne che hanno partorito: è presente in circa 1/3 di esse, ed ha, tra i suoi fattori di rischio, la multiparità (ossia il numero di gravidanze), il parto cesareo e l’aver allevato bambini; altri fattori di rischio importanti, stavolta uniformemente distribuiti tra i due sessi, sono l’aumento di peso e la pratica di attività sportive che implichino un intenso utilizzo dei muscoli addominali. La diagnosi è quasi sempre clinica (cioe’ viene fatta visitando il paziente), e le metodiche di imaging radiologico, e in particolar modo l’ecografia, sono relativamente di scarso aiuto. E’ importante ricordare che la diastasi dei retti è per l’organismo un importante meccanismo di adattamento alla crescita dell’utero gravidico: ma quando persiste ad un anno dal parto, non avrà più possibilità di migliorare (e sarà, anzi, aggravata da qualsiasi cosa aumenti la pressione all’interno dell’addome). Negli ultimi anni, sono comparsi studi che associano la comparsa di diastasi a un difetto congenito nella sintesi di collagene di tipo I e di tipo III, ma questo dato è ancora in attesa di una più solida evidenza scientifica.
La sintomatologia lamentata dalle pazienti con diastasi dei retti comprende una lombalgia senza altre apparenti cause cliniche (70,2%), per la quale si può osservare una correlazione negativa tra la distanza interrettale e la funzione dei muscoli addominali, espressa empiricamente come riduzione della capacità di flettere il tronco (ossia, quanto più ampia è la diastasi, tanto minore è la capacità dei pazienti di compiere movimenti di flessione del tronco); i disturbi correlabili al “prolasso addominale” (93,6%), tra cui il gonfiore addominale, la digestione faticosa, il dolore addominale e l’aumentata sensibilità ai traumi della parete addominale; e l’incontinenza urinaria (44,42%), principalmente, ma non esclusivamente, da stress.
C’è allora da chiedersi quali relazioni esistano tra diastasi dei retti e, per esempio, lombalgia od incontinenza urinaria. Una volta di più, scopriremo che la struttura è funzione, e che ad una alterazione della struttura può corrispondere un’alterazione, più o meno pronunciata, della funzione.
Una delle principali e più precoci conseguenze della diastasi dei retti è che nei muscoli laterali

diastasi dei retti, fascia toracolombare, REPA

Fig. 3

della parete addominale, in particolare l’obliquo interno e, ancor di più, il trasverso, si riduce la capacità di realizzare contrazioni efficaci. Ciò si riflette in una riduzione della pressione intraaddominale e della trazione effettuata sulla fascia toracolombare. La fascia toracolombare (o lombodorsale) è costituita da fibre connettivali longitudinali e trasversali a cui si inserisce, da una parte, la fascia del muscolo trasverso (ed, indirettamente, quella del muscolo obliquo interno), e che si collega, dall’altra, agli angoli costali e la cresta iliaca, lateralmente, ed al rachide dorsolombare (attraverso i muscoli quadrato dei lombi e sacrospinale) ed al sacro medialmente. In pratica, attraverso la fascia dorsolombare si realizza un complesso e delicato meccanismo di contrappesi tra muscoli della parete anterolaterale dell’addome e

diastasi dei retti, lombalgia, REPA

Fig. 4

muscoli paravertebrali che regola gli angoli di cifosi toracica e lordosi lombare della colonna vertebrale, ossia le curvature fisiologiche della colonna vertebrale, consentendo di mantenere una corretta postura quando si sta in piedi. La rottura di questo meccanismo determinata dalla diastasi dei retti – non dimentichiamo che le aponeurosi dell’obliquo interno e del trasverso contribuiscono alla formazione della guaina dei retti, e che per questo la diastasi provoca una diminuzione dell’efficienza della loro contrazione – causa un aumento degli angoli di cifosi toracica e lordosi lombare, provocando la comparsa di mal di schiena dovuto ad un aumento della pressione sui dischi intervertebrali, in particolare nella regione lombare. La plicatura dei retti ricostruisce la corretta geometria vettoriale dei muscoli addominali, ristabilendo le condizioni necessarie al ripristino di una corretta pressione intraaddominale e del corretto valore degli angoli prima ricordati.
Tuttavia, il problema è più complesso. La “semplice” ricostruzione dei vettori muscolari della parete addominale non è da sola sufficiente a garantire né la tensione della fascia toracodorsale né l’aumento della pressione intraaddominale. Quando io opero una diastasi dei retti con la tecnica di Juarez Muas, utilizzo un semplice stratagemma per marcare il perimetro effettivo della diastasi: somministro ai muscoli retti delle piccole scariche elettriche. Incredibilmente, ciò spesso non si traduce con la contrazione del muscolo, né prima né dopo la plicatura: è come se i retti avessero dimenticato come fare per contrarsi. Questo è particolarmente vero nella porzione sottoombelicale della diastasi (quasi sempre presente, checché ne dicano gli studi di imaging preoperatorio) ed è il motivo per il quale spesso le pazienti sottoposte a plicatura dei retti continuano a presentare un discreto gonfiore addominale. Il motivo di ciò l’abbiamo compreso indirettamente osservando gli effetti della fisioterapia che i nostri pazienti eseguono regolarmente ad un mese dell’intervento.
Tale fisioterapia comprende una serie di esercizi posturali ed ipopressivi che il mio team, col tempo, ha raggruppato in un vero e proprio protocollo, oggi usato anche nel preoperatorio con lo scopo di “preparare” i muscoli addominali all’intervento (e che, in realtà, io ho iniziato ad utilizzare anche in pazienti con difetti della parete addominale diversi dalla diastasi, come nei grandi laparoceli). La fisioterapia, basata sulla ginnastica ipopressiva ideata dal Dr. Marcel Caufriez, comprende un insieme di esercizi che consente l’integrazione e la memorizzazione di messaggi propiocettivi associati ad una determinata postura. Il concetto è piuttosto complesso, ma, in pratica, è come se dai muscoli della parete addominale nei pazienti con diastasi dei retti non partissero più segnali propiocettivi (la sensibilità propriocettiva è quella che informa, in ogni istante, il cervello della posizione che i nostri muscoli hanno nello spazio) verso il cervello: il quale, di conseguenza,

non sarebbe, almeno in parte, più in grado di regolarne correttamente il tono e la contrazione. Da ciò deriva il gonfiore addominale persistente dopo l’intervento prima dell’inizio della fisioterapia, e per il quale le pazienti tornano a visita certe di avere una recidiva precoce della diastasi. Questo è il motivo per cui è assolutamente indispensabile spiegare bene alle pazienti che il trattamento della diastasi dei retti è un percorso multidisciplinare di cui la chirurgia rappresenta il 50% – il primo, propedeutico 50%, ma in definitiva solo il 50%.
Lo stesso vale per l’incontinenza urinaria. Molto di quello che sappiamo sull’argomento lo dobbiamo ai lavori H. M. Bush e Coll. e di R. R. Sapsford e Coll. Già nel 2001 Sapsford aveva osservato che una riduzione del tono muscolare della parete anterolaterale dell’addome si associa ad una riduzione dell’attività dei muscoli del pavimento pelvico, correlata ad incontinenza urinaria. Questi dati sono stati confermati nel 2014 da Bush che ha osservato come nelle donne con lombalgia cronica dovuta a ridotta attività del muscolo trasverso dell’addome si osservi una riduzione del tono dei muscoli del pavimento pelvico, concludendo che esiste una significativa associazione tra lombalgia cronica ed incontinenza urinaria da stress, e che è ragionevole pensare che tutti i muscoli del tronco – muscoli addominali, muscoli della colonna vertebrale e muscoli del pavimento pelvico – agiscano in maniera integrata nel mantenimento tanto di una corretta postura che di una corretta continenza.

CONCLUSIONI

Quale conclusione possiamo trarre da quanto osservato finora? Credo che sia una, ed una sola: la diastasi dei retti, nella maggioranza dei casi, non è (solo) un difetto estetico e quindi non deve essere gestita chirurgicamente (solo) come se fosse un difetto estetico. Ed è per questo che noi chirurghi di parete addominale dovremmo iniziare a guardare questa condizione con occhi diversi, ed a tenerla in conto come una patologia che merita la nostra

diastasi dei retti, situazione preoperatoria, REPA

Fig. 5

considerazione. La platea di pazienti è molto ampia, ed i disturbi che si

diastasi dei retti, REPA, risultati postoperatori

Fig. 7

associano alla diastasi sono sufficientemente gravi da peggiorare considerevolmente la loro qualità di vita. Le tecniche chirurgiche mininvasive – che per la parete addominale sono patrimonio unico dei chirurghi generali – ed in particolar modo la R.E.P.A. di Derlin Juarez Muas, associate ad un corretto percorso fisioterapico pre- e postoperatorio, ci consentono oggi di offrire un intervento realmente poco invasivo e particolarmente gradito a pazienti, come quella delle fig. 5, 6, 7 ed 8, che io ho operato qualche fa, di aspetto simile a quello della paziente della fig. 2 e che, come questa, non accettano l’addominoplastica per la sua invasività e per il lungo e difficile percorso postoperatorio.
Certo, le tecniche mininvasive sono ancora giovani e necessitano di verifiche a lungo termine: ma la REPA, ad esempio, replica la plicatura dei retti da sempre eseguita per la diastasi dei retti, associando l’uso di una rete ultraleggera macroporosa che, ancor più che garantire un miglior

diastasi dei retti, situazione preoperatoria, REPA

fig. 6

contenimento della parete addominale, funziona da

diastasi dei retti, REPA, risultati postoperatori

Fig. 8

impalcatura per indurre la proliferazione fibroblastica, la deposizione di collagene ed in definitiva la formazione di una grande “cicatrice” che garantisce la stabilità della riparazione molto più di quanto non possa fare la semplice plicatura. Quest’ultimo aspetto, in particolare, viene mal accettato dai chirurghi plastici, mentre fa parte da sempre dell’armamentario di risorse quotidianamente utilizzato dai chirurghi della parete addominale: ed è proprio questo differente “punto di vista” che può rendere vincente la strategia chirurgica di un chirurgo di parete nel trattamento della diastasi dei retti. In un recente incontro organizzato dall’Associazione Diastasi Donna a Roma, un noto Docente di una università di Roma, rinomato chirurgo plastico della Capitale, ha criticato l’uso della rete dicendo che lui mai lascerebbe un corpo estraneo nell’organismo di una paziente con diastasi dei retti. Poco prima aveva detto che lui, per la plicatura dei retti utilizza dei punti di prolene (lo stesso materiale non riassorbibile di cui è costituita la rete che io uso) perché non si fida di usare dei punti riassorbibili. Io gli ho fatto notare che la rete che io applico nella REPA è così leggera (19 g/m2) che la quantità di corpo estraneo che rimane nei pazienti meno di mezzo grammo) è inferiore a quella dei punti di sutura da lui usati per plicare i retti. Non ha saputo rispondere a questa obiezione. Questo marca la grande differenza tra chirurghi generali e chirurghi plastici: benché questi siano abituati ad utilizzare protesi (ben più invasive, si pensi alle protesi mammarie) spesso non hanno la minima cognizione su cosa sia una rete per la chirurgia della parete addominale. Per finire, l’efficacia della REPA, unico tra gli interventi mininvasivi proposti per la cura della diastasi dei retti (degli altri abbiamo parlato in questo articolo) è stata recentemente dimostrata da uno studio multicentrico condotto su 215 pazienti da 10 differenti team chirurgici in tutto il mondo (tra cui il mio). I pazienti sono stati seguiti per un tempo che varia da 2 a 4 anni dopo l’intervento; la lombalgia è scomparsa nell’80% dei casi entro 30 giorni dall’intervento, e l’incontinenza urinaria nell’89,8% nel corso del follow up. Le complicanze postoperatorie sono state estremamente limitate: 9,7% di sieromi, 1,4% di ematomi. Le recidive sono state lo 0,46%! Nessuna altra tecnica mininvasiva, né robotica, né laparoscopica, può vantare tali evidenze scientifiche.

In conclusione, la REPA è un intervento che si fonda su una profonda

diastasi dei retti, addominoplastica, complicanze

Fig. 9

conoscenza della fisiopatologia della parete addominale, sicuro, standardizzato, e con risultati postoperatori eccellenti, sia in termini funzionali che cosmetici (pur non essendo un intervento estetico). Sarebbe un vero peccato se le pazienti con costituzione simile a quella delle figure 2 e 5-8 si sottoponessero a incisioni mutilanti, con possibili gravi complicanze postoperatorie, come la necrosi dell’ombelico e del lembo dermoepidermico (fig. 9) ed ad un doloroso e lungo postoperatorio, come quello dell’addominoplastica, quando la REPA è in grado di trattare i loro disturbi con solo tre piccoli fori ( e tanta abilità chirurgica).

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Incontinenza urinaria e diastasi dei retti

L’associazione tra incontinenza urinaria e diastasi dei retti sarebbe stata impensabile fino a solo quindici anni fa: i fisioterapisti non avrebbero mai tenuto in considerazione i muscoli del pavimento pelvico nei loro trattamenti per il dolore lombare, ed avrebbero scoraggiato l’uso dei muscoli addominali nei pazienti con incontinenza urinaria. Oggi il paradigma è completamente cambiato – e questo, dobbiamo riconoscerlo, anche grazie al fatto che i Chirurghi Generali hanno cominciato a interessarsi di diastasi dei retti: i muscoli del pavimento pelvico sono considerati parte del complesso muscolare addominale, ed a loro è riconosciuta una duplice funzione: quella di contribuire da un lato a mantenere la stabilità del tronco, e dall’altro la continenza tanto urinaria che fecale.

E’ noto che la semplice riabilitazione del pavimento pelvico (ad esempio con gli esercizi di Kegel) non e’ sufficiente ad evitare a lungo termine l’incontinenza urinaria nelle donne dopo un parto vaginale; di contro, già nel 1984 Gordon e coll. avevano evidenziato che, aspecificamente, l’attività fisica può evitare la comparsa di incontinenza, mettendo pertanto in evidenza il ruolo di muscoli diversi da quelli del pavimento pelvico nel controllo della continenza.

Anatomia del pavimento pelvico

dei retti, pavimento pelvicoCome sempre, per capire le relazioni tra incontinenza urinaria e diastasi dei retti è indispensabile conoscere, almeno per grandi linee, l’anatomia, peraltro piuttosto complessa, del pavimento pelvico.

Il pavimento pelvico è una struttura imbutiforme costituita da muscoli che si inseriscono nella porzione inferiore delle pareti della pelvi, separando la cavità pelvica dal perineo.
In esso vi sono due “fori” principali: lo iato urogenitale, anteriore, attraverso cui passano l’uretra e, nelle donne, la vagina; e, dietro di questo, lo iato rettale, attraversato dal canale anale. Tra i due iati è presente una struttura fibromuscolare particolarmente densa, chiamata corpo perineale, che funziona da zona di inserzione di vari muscoli, tra cui il muscolo elevatore dell’ano.
Quest’ultimo è uno dei due muscoli che costituiscono il pavimento pelvico. In effetti, è più correttodei retti, pavimento pelvico dire che si tratta di un complesso costituito, su ogni lato, da tre muscoli: il primo è il muscolo puborettale, la cui funzione è quella di piegare in avanti il canale anale; alcune sue fibre, molto importanti, chiamate fibre prerettali, formano una specie di fionda che si affianca all’uretra nell’uomo ed all’uretra e alla vagina nella donna: queste fibre sono di importanza fondamentale nel preservare la continenza urinaria, specie sotto sforzo. Il secondo muscolo del pavimento pelvico è il pubococcigeo, che, nascendo dal pube, decorre affiancato al muscolo puborettale e si inserisce posteriormente sul coccige e sul legamento ano-coccigeo. Il terzo muscolo, più sottile, è l’iliococcigeo, che nasce dall’ileo (uno delle ossa che compongono il bacino), decorre affiancato al muscolo pubococcigeo e si inserisce sul coccige e sul legamento anococcigeo. Dei tre muscoli, l’iliococcigeo è il vero “elevatore” dell’ano: contraendosi solleva il pavimento pelvico ed il canale anale.
Il muscolo coccigeo è il muscolo più piccolo e posteriore del pavimento pelvico, essendo situato dietro dell’elevatore dell’ano.

Pur avendo “anatomizzato” il pavimento pelvico, descrivendolo muscolo per muscolo, in realtà esso è piuttosto da considerare come un’unica unità funzionale muscoloscheletrica composta da muscoli e legamenti. La prima cosa da dire rispetto alla sua funzione riguarda il ruolo della familiarità nello sviluppo di una insufficienza del pavimento pelvico: ossia, per dirla in parole semplici, le donne con una madre che abbia sofferto di prolasso degli organi pelvici, hanno una probabilità statisticamente maggiore di svilupparlo a propria volta. Perché? Ci sono molti fattori identificati in letteratura, ed uno di questi è un errore nella sintesi di collagene di tipo IIIesattamente come nella diastasi dei retti. E qui potremmo cominciare ad identificare un primo elemento di rapporto, a livello molecolare, tra incontinenza urinaria e diastasi dei retti. Ma andiamo avanti.

Incontinenza urinaria e diastasi dei retti: cosa sappiamo

Il ruolo del pavimento pelvico è quello di mantenere la continenza urinaria e fecale e sostenere gli organi addominali, che, per gravità, tendono a prolassare. Quindi, i muscoli del pavimento pelvico devono reagire rapidamente a qualsiasi variazione della pressione intraaddominale (che tende tanto a spingere verso il basso gli organi che a “spremere” sia la vescica che l’intestino, favorendo l’eliminazione dell’urina e delle feci), anzi: devono essere in grado di reagire prima che la pressione intraaddominale vari. In effetti, i muscoli del pavimento pelvico costituiscono una fondamentale unità muscolare antigravitazionale dell’organismo: la loro continua attività in tal senso è stata ben dimostrata già da tempo. E’ noto, a proposito dei rapporti che intercorrono tra contrazione dei muscoli addominali e muscoli del pavimento pelvico, come la contrazione di quest’ultimo provochi una contrazione dei muscoli obliqui (soprattutto l’obliquo interno) e del muscolo trasverso dell’addome; e, in maniera del tutto speculare, che una contrazione degli stessi muscoli addominali causi una contrazione del pavimento pelvico.

E da qui nasce il pradigma secondo cui i muscoli del pavimento pelvico costituiscono parte del sistema muscolare che controlla la stabilità del tronco; è noto che alterazioni a carico di altri muscoli di tale sistema (come, ad esempio, i muscoli della parete addominale) possano influenzare il tono dei muscoli del pavimento pelvico: una riduzione di quest’ultimo, ad esempio, si ritrova nelle donne con lombalgia cronica, come conseguenza della ridotta attività del muscolo trasverso dell’addome in queste pazienti. H. M. Bush e Coll. a conclusione di un loro dettagliato studio sul rapporto tra lombalgia cronica ed incontinenza urinaria, scrivono che “…esiste una significativa associazione tra lombalgia cronica ed incontinenza urinaria da stress. E’ ragionevole concludere che è importante che tutti i muscoli del tronco, inclusi i muscoli del pavimento pelvico, agiscano in maniera coordinata sia per garantire il controllo della postura che per prevenire la comparsa di lombalgia ed incontinenza urinaria da stress”. Ad ulteriore conferma di ciò Sapsford e Coll., nel 2001, hanno dimostrato che una debolezza dei muscoli della parete addominale, causa di quel “bulging” addominale (ossia, di quel rigonfiamento dell’addome)  – che si osserva sempre anche nelle pazienti con diastasi dei retti – provoca una riduzione dell’attività dei muscoli del pavimento pelvico e la comparsa di disfunzioni di quest’ultimo, che possono dare origine ad incontinenza urinaria (e, meno frequentemente, anche fecale). Questi Autori concludono che l’esercizio muscolare addominale contribuisce a curare tali condizioni. In effetti, una riduzione del tono dei muscoli della parete addominale, ed in particolare del muscolo trasverso dell’addome, si riflette quasi sempre in una riduzione del tono dei muscoli del pavimento pelvico, con la comparsa di sensazione di pesantezza vaginale e di urgenza ed incontinenza urinaria. Sempre Sapsford e Coll, nel 2012, hanno osservato come la contrazione dei muscoli della parete addominale (in particolare dei muscoli più profondi, l’obliquo esterno ed il trasverso) si associ ad un aumento della pressione dell’uretra, contribuendo al meccanismo della continenza urinaria.

Tirando le somme, cosa possiamo dire a questo punto del rapporto tra incontinenza urinaria e diastasi dei retti? Come è noto, con i meccanismi abbiamo già evidenziato in un precedente articolo, nelle pazienti con diastasi dei retti il tono dei muscoli della parete anterolaterale dell’addome, ed in particolare dei muscoli obliqui e del trasverso, è notevolmente ridotto. Poche righe fa abbiamo scritto che l’esercizio muscolare addominale può essere utile a far recuperare il tono perduto, ma ci riferivamo a pazienti sani, senza evidenza di diastasi: è esperienza comune di moltissime pazienti “diastasate” che con i comuni esercizi muscolari addominali la diastasi dei retti, ed i suoi sintomi, peggiorano – e quindi, in una sorta di circolo vizioso, peggiora anche il tono dei muscoli addominali. L’unico tipo di attività fisica che può aiutare a recuperare in parte il tono muscolare addominale è la ginnastica ipopressiva: tuttavia, tale recupero è parziale, se la diastasi non viene riparata chirurgicamente.

Ecco spiegato, in conclusione, il rapporto tra incontinenza urinaria e diastasi dei retti: dal incontinenza urinaria, diastasi dei retti, pavimento pelvico, ginnastica ipopressiva, incontinenza urinaria e diastasi dei retti,momento che i muscoli dell’addome e del pavimento pelvico costituiscono una unità funzionale che controlla la postura, la respirazione ed i meccanismi di minzione e defecazione, la perdita del tono e del controllo dei muscoli della parete addominale, ed in particolare dell’obliquo esterno e del trasverso, dovuta alla diastasi provoca una riduzione del tono dei muscoli del pavimento pelvico: questo si traduce in una riduzione della pressione uretrale, con sensazione di urgenza urinaria e comparsa di incontinenza urinaria da stress. Per questo, l’incontinenza urinaria è così frequente nei pazienti con diastasi dei retti, e per questo la riparazione della diastasi, associata alla ginnastica ipopressiva come fisioterapia sia pre- che postoperatoria, è parte integrante del trattamento dell’incontinenza urinaria in tali pazienti.

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[schema type=”person” name=”Salvatore Cuccomarino” orgname=”Cuccomarino, MD” url=”https://diastasideiretti.it” description=”Il primo in Europa a realizzare la REPA, l’intervento minimamente invasivo per la diastasi dei retti” street=”via Amerigo Vespucci 61″ city=”Torino” state=”TO” country=”IT” email=”info@cuccomarinomd.com” phone=”0110438161″ ]